giovedì 26 aprile 2012

Contestazione del Pcl contro Napolitano in visita a Pesaro per il 25 Aprile

In piazza, sì, ma contro. Così può riassumersi, senza alcun giro di parole, la presenza in piazza del Partito Comunista dei Lavoratori il 25 aprile a Pesaro in occasione della visita di Giorgio Napolitano. L'intento di manifestare il più fermo dissenso tramite il nostro striscione (su cui campeggiava la scritta "Resistenza al governo delle banche") e gli slogan adatti all'occasione è stato tuttavia tarpato dall'intervento della Digos, che, intervenendo per prendere i documenti a tutti i nostri compagni e minacciando denunce per manifestazione non autorizzata (incredibile risulta il classificare in tal modo una contestazione all'interno di una piazza!), ci ha obbligato a limitarci alla sola esposizione di striscione e bandiere.
La minaccia occorsa risulta francamente intollerabile, ancor più alla luce del fatto che la stessa prefettura, a poche centinaia di metri di distanza, aveva autorizzato un presidio fascista di Forza Nuova, vergognosa provocazione nel giorno della Liberazione di cui si sono rese complici, direttamente o indirettamente, tutte le istituzioni locali, antifasciste a parole ma assai meno nei metodi.
La nostra contestazione si rivolgeva direttamente a Giorgio Napolitano, primo esponente e promotore del governo Monti, fautore di quelle misure lacrime e sangue che hanno messo il paese in ginocchio in nome del profitto bancario. Davanti al suo interventismo ed alla sua complicità, la nostra risposta è stata quella di rilanciare la più ferma opposizione a questo esecutivo dei banchieri, rivendicando in maniera decisa la parola d'ordine della cancellazione del debito pubblico contratto nei confronti di banche ed istituti finanziari con conseguente nazionalizzazione degli stessi e senza indennizzo per i grandi azionisti. Una misura di rottura con questo sistema, apertamente rivoluzionaria. E per questo l'unica plausibile.
Resta, quella del Partito Comunista dei Lavoratori, l'unica presenza organizzata apertamente contestatoria presente in questa piazza, in piena linea con quello che i nostri compagni hanno fatto (ad esempio in Sardegna) e faranno in tutto il resto del paese, rigettando apertamente l'idea di Napolitano come figura istituzionale super partes, avendo egli chiaramente dimostrato il suo inaccettabile posizionamento politico a seguito della caduta berlusconiana.
Partito Comunista dei Lavoratori Sez. Pesaro

mercoledì 18 aprile 2012

Comunicato stampa

Due sere fa si è consumato a Ravenna un fatto molto grave: un corteo in solidarietà ad Hamdi Ben Assen (giustiziato sulla pubblica via la notte di Pasqua perché non si era fermato all'alt delle forze dell'ordine), è stato sciolto con la forza dalle “forze dell'ordine” in assetto anti-sommossa, con l'epilogo di una ventina di persone sequestrate per ore all'interno della Questura.

Il sindaco Matteucci (Pd) e la sua giunta di centro-sinistra hanno appoggiato incondizionatamente l'intervento repressivo, sentenziando che si tratta di "manifestazioni assolutamente fuori luogo in questo momento". Di fronte a questa ennesima posa autoritaria del sindaco invitiamo la sinistra sindacale e politica a rompere con il Pd e lo sceriffo Matteucci.

Nel respingere il razzismo crescente e la repressione di Stato, ci poniamo incondizionatamente dalla parte dei fermati e della comunità tunisina, perché le uniche cose "fuori luogo" in questa vicenda sono le scorribande notturne di carabinieri dal grilletto facile (Hamdi è stato ucciso, questo conta qualcosa sindaco?). Di “fuori luogo” ci sono i "democratici" divieti posti alle manifestazioni e agli assembramenti di chi non crede alla versione ufficiale fornita dallo Stato riguardo all'esecuzione della notte di Pasqua.

Ma non è più il tempo di esprimere semplicemente solidarietà! E' l'ora di una risposta unitaria e di massa che esca dalla routine delle manifestazioni simboliche e rituali. Per questo è necessario costruire un percorso di mobilitazioni per far fronte alla crisi economica e di civiltà che investe l'Europa.  
Il 27 aprile la Cgil di Ravenna ha indetto lo Sciopero Generale (territoriale), questa occasione non va sprecata. 
Per questo saremo impegnati per dare continuità allo sciopero e trasformare il 27 aprile in una giornata di lotta: 
-No al governo Monti 
-No alla precarietà e alla disoccupazione
-No al pagamento del debito 
-No al razzismo e alla repressione 
Il sistema capitalista ha fallito! 
Governino i lavoratori!

martedì 19 aprile 2011

Elezioni comunali 2011- A Ravenna nessuno difenderà i lavoratori... vota nessuno!

Alle prossime elezioni comunali di Ravenna non sarà presente l'alternativa anticapitalista.

Pertanto invitiamo tutti a boicottare le urne, sia attraverso l'astensione dal voto, sia attraverso l'annullamento della scheda, tracciando su questa una falce e martello seguita dalla scritta PCL.


Comunichiamo inoltre che sono state presentate liste autonome, con il nostro simbolo e nostri candidati indipendenti a sindaco o presidente di provincia, nelle seguenti realtà:

6 capoluoghi di Regione: Torino, Milano, Bologna, Napoli, Catanzaro e Cagliari
3 provincie: Pavia, Treviso e Reggio Calabria
2 capoluoghi: Savona e Reggio Calabria
1 Comune sopra i 15mila abitanti: San Giuliano Milanese
4 altri Comuni: Bertinoro e Sogliano al Rubicone (FC), Castiglion Fiorentino (AR), Ceprano (FR).

Costruiamo anche a Ravenna l'alternativa di classe!
Aiutaci a rafforzare anche a Ravenna il Partito Comunista dei Lavoratori!

domenica 7 novembre 2010

Omsa: il caso di una sconfitta evitabile

Effettivamente, al mondo non c'è nulla di più convincente del successo, e niente di più ripugnante, soprattutto per le larghe masse, di una sconfitta
Perché dunque analizziamo una (probabile) sconfitta?
Per trarre un bilancio per le lotte che ci attendono.

Il “caso Omsa”, dopo aver raccolto l'attenzione mediatica, si appresta a finire dimenticato nella galassia delle meteore del passato.Media, che hanno sapientemente orientato l'opinione pubblica alla compassione caritatevole, vomitando la loro ipocrisia in doppiopetto.

Per le operaie Omsa, al contrario, questa vicenda resterà impressa nel tempo.

Così come non si scorderanno, ci auguriamo, del fetore lasciato dagli sciacalli che si sono avvicinati al loro dramma per girargli le spalle e tradire le loro aspettative. Qualcuno potrebbe storcere il naso e tacciarci di pessimismo, qualcun altro potrebbe ricordarci che il 18 novembre ci sarà un incontro tra la regione Emilia Romagna e Romani, il neo-Ministro dello Sviluppo economico.

Ma siamo certi che non cambierà niente, continuerà la commedia che si è trascinata in questi mesi: schernire chi lavora e concedere ciò che vuole a chi sfrutta e punta ad aumentare i suoi profitti delocalizzando.


La sconfitta ormai era nell'aria da tempo.

Sin da quando si ventilava l'ipotesi della riconversione.

Sin da quando i sindacati hanno iniziato a trattare separatamente con il padrone facendo a gara tra chi calava più in basso le braghe.

Si respirava aria di sconfitta, quando le votazioni avvenivano in piazzali ed erano una farsa in cui a votare vinceva chi portava più parenti.

Si respirava aria di sconfitta, ogni volta che si sentiva qualche dirigente aziendale (del presente o del passato) parlare di fronte al picchetto operaio e invece che esser respinto a pedate, lo si accoglieva come interlocutore credibile.

Noi, che abbiamo partecipato alle manifestazioni delle lavoratrici Omsa e abbiamo portato la nostra solidarietà ai picchetti, respiravamo l'aria della sconfitta quando vedevamo i politici locali e nazionali dei partiti borghesi sfilare di fronte alle operaie sullo sfondo delle elezioni regionali ed amministrative.

Per parte nostra, che alle regionali e alle amministrative invitammo all'astensione, prendemmo il caso Omsa di petto nel tentativo di dare un'alternativa nel mezzo di smarrimento e confusionismo.
Nel tentativo di dare un'indicazione d'indipendenza di classe e di radicalità di fronte all'attacco radicale del padronato.

Lo dicemmo chiaramente: siamo di fronte ad una scelta!

Evitare la lotta e lasciarci massacrare, evitando quindi la battaglia frontale, per essere poi sconfitti quotidianamente da un’IMPLACABILE guerra di classe strisciante e non dichiarata, condotta contro di noi lavoratori dal padronato.

OPPURE, possiamo affrontare il nemico, col rischio, sia pure, di essere sconfitti, ma anche con la probabilità, con MOLTE PROBABILITA’, di riuscire vittoriosi, ponendoci così nella condizione di arrestare la decomposizione dell’economia nazionale, costruendo un esempio vittorioso per migliaia di altri lavoratori e iniziando quindi a porre all’ordine del giorno la necessità di un’altra economia e di un altro potere!

Lo dicemmo chiaramente: la soluzione passa dall’occupazione degli stabilimenti

Perché questo era il miglior mezzo per evitare i licenziamenti.

Se le lavoratrici Omsa avessero occupato e bloccato il trasferimento dei macchinari oggi saremmo di fronte ad un altro epilogo.
Sollecitammo la sinistra politica e sindacale a farsi carico dell’istituzione di un fondo di sciopero, una cassa di resistenza operaia, gestito direttamente dalle lavoratrici dell’OMSA.

Sollecitammo l’intera città e tutte le realtà di movimento a costruire una rete di solidarietà attraverso l’indizione di assemblee permanenti di quartiere, sia per rafforzare i picchetti operai che per raccogliere i fondi necessari per supportare una lunga battaglia contro Grassi e la sua cricca.

Non fummo ascoltati, se non da alcune operaie esasperate.

Non fummo ascoltati, nonostante l’impegno militante e l’empatia umana oltre che politica che investimmo in questa vertenza.

La battaglia delle operaie Omsa, per alcuni mesi fu la nostra bandiera.

Ne siamo usciti sconfitti al pari delle operaie Omsa, ed è normale che sia così: un partito dei lavoratori segue i destini della sua classe.

Ma ciò che rimane è una lezione imperitura.

Certo, non si pagano le bollette o l'affitto con la teoria, ma dalle sconfitte bisogna apprendere per evitare che domani siano altri lavoratori a non aver di che pagar l'affitto!
L’esperienza dell’Omsa insegna alla classe operaia nel suo complesso, che è bene innanzitutto NON farsi ammaliare dalle parole vuote dei politicanti di governo, dei parlamentari della finta opposizione (rosso sbiadita, tricolore, viola, o cinque stelle) né tanto meno dagli amministratori locali o dai sindacalisti concertativi.

E’ bene diffidare dai manager aziendali!

Nè credere alle loro rassicurazioni su improbabili riconversioni o altre “panzanate” del genere. Il padronato, detto semplicemente, è nostro nemico!

Ciò che conta, PER DIFENDERE in maniera INTRANSIGENTE i posti di lavoro è la forza dei lavoratori stessi; e la capacità di costruire solidarietà di classe.

E' questa indipendenza di classe che è mancata alla vertenza Omsa spesso controllata da burocrazie sindacali e politiche in combutta col padronato.

Si doveva costruire un fronte combattivo composto da lavoratori salariati, cassintegrati, disoccupati e precari. Si doveva far capire con i blocchi stradali, che quando chiude una fabbrica, MUORE un pezzo di città.

Si doveva far capire che sono i padroni che non possono vivere senza operai, ed è per questo che quando licenziano è solo per aumentare i loro profitti.


Oggi lo sviluppo degli avvenimenti ha fatto sì che anche il più arretrato tra gli operai (PERSINO UN CRUMIRIO) può capire che ci è rimasta solo la lotta.

Perché sono proprio vent’anni di compromessi e concertazione che ci hanno ridotti alla canna del gas!

Coloro che parlano di compromessi e di concertazione.

Coloro che ci hanno detto, e ci dicono, che: “se va bene l’azienda, tutto sommato vanno bene anche i lavoratori”… si sono rivelati per quello che sono: la quinta colonna di Nerino Grassi (padrone della Omsa n.d.r).

Noi sappiamo, sulla nostra pelle, che queste sono solo menzogne, balle colossali, dette al solo scopo di tenerci buoni, ma sappiamo anche, che è possibile scegliere tra la linea politica sindacale di chi ci ha ridotti alla rovina, oppure possiamo intraprendere un’altra strada.

Per quanto ci riguarda, sappiamo che senza una lotta implacabile contro la classe dominante, le conseguenze per noi proletari sono disastrose. Per questo è necessaria una svolta.


Che fare da ora?

E' ora di accelerare la costruzione di un coordinamento nazionale dei lavoratori delle fabbriche in crisi, per unificare la lotta e generalizzare la controffensiva operaia.

Sia noi che le operaie più combattive possiamo dire che siamo stati sconfitti in una battaglia ma non abbiamo perso la guerra contro il capitalismo!

- Boicottiamo le merci di Grassi: Golden Lady, Omsa, SiSi, Filodoro, Philippe Matignon, NY Legs, Hue, Arwa.
- Espropriamo senza indennizzo i terreni e capannoni dell’Omsa in modo da scongiurare una speculazione ulteriore.
- Rivendichiamo che amministrazioni locali, Regione e governo si facciano carico della emergenza Omsa avviando la nazionalizzazione e attraverso l’intervento pubblico si avvii alla ripresa della produzione. Se Grassi se ne è andato, chi sa produrre calze è rimasto!

- Rivendichiamo che amministrazioni locali, Regione e governo impongano al padrone di Omsa il pagamento del danno economico arrecato all’intera comunità faentina.

sabato 12 giugno 2010

OCCORRE UNA LOTTA VERA!

Governo e Confindustria passano ogni limite, grazie all’assenza di una opposizione vera.

In un colpo solo, mentre la Fiat vuole contratti polacchi, il governo muove guerra frontale al pubblico impiego: con blocco dei contratti, licenziamento di massa dei precari, nuovi tagli a cascata su scuola e sanità, elevamento dell’età di pensione.. Perché tutto questo? Per garantire i banchieri, italiani ed europei, sulla tenuta di titoli di Stato che hanno comprato ( risparmiando sulle tasse). Cioè per garantire i principali rapinatori di salari, pensioni, servizi degli ultimi vent’anni, oltreché i principali responsabili del crack.

Di fronte a questo scandalo, c’è il disarmo dell’”opposizione”. Prodi si congratula con..Tremonti. Il PD chiede meno tasse per i padroni, alla coda di De Benedetti. Di Pietro vota il Federalismo di Bossi ( più soldi a padroni e cliniche del Nord, più saccheggio di servizi pubblici al Sud). Tutti pendono dalle labbra di Marcegaglia. Mentre Cisl e Uil fanno scudo al governo, e la Cgil convoca uno sciopericchio ridicolo di 4 ore. Quanto alle cosiddette sinistre “radicali”- ex ministeriali- si limitano a “denunciare”, senza proporre alcuna azione reale: per non spaventare..il PD ed Epifani.

Questo spettacolo deve finire. E’ l’ora di agire. E’ ora che tutte le sinistre politiche e sindacali promuovano unitariamente una mobilitazione vera, radicale, prolungata; che si combini con l’occupazione delle aziende che licenziano, il presidio dei pubblici uffici e delle scuole, l’assedio di massa di governo e Parlamento; che si unisca alle mobilitazioni in corso in altri paesi europei; che duri sino alla sconfitta di governo e padronato. Lo sciopero generale del 25 Giugno va prolungato in questa direzione

Paghi chi non ha mai pagato! Si tassino i grandi patrimoni, rendite, profitti. Si annulli il debito pubblico verso le banche, che vanno nazionalizzate senza indennizzo, sotto controllo sociale. Si abbattano spese militari e privilegi clericali . Si investano le risorse così liberate per allargare le protezioni sociali e promuovere un grande piano per il lavoro. Si apra un vera prova di forza per cacciare assieme a Berlusconi le classi dirigenti del Paese, liberando la via per una vera alternativa.

Il Partito Comunista dei Lavoratori ( PCL) si batterà in ogni caso e ovunque per una vera ribellione sociale, contro lo spirito della rassegnazione e della resa.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI



IL PCL ESCLUSO DA UNA LEGGE TRUFFA VOLUTA DA TUTTI

CENTRODESTRA E CENTROSINISTRA SI CONTENDONO LA RAPPRESENTANZA DEGLI STESSI POTERI FORTI

PER UN PROGRAMMA OPERAIO INDIPENDENTE
COSTRUIAMO IL PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

Centrodestra e centrosinistra si contendono i governi delle Regioni, veri comitati d’affari dei poteri forti: industriali, banchieri, affaristi, speculatori. Non a caso le politiche delle giunte di ogni colore sono difficilmente distinguibili: soldi alle imprese, alle scuole confessionali, alle cliniche private; tagli agli ospedali e alle scuole pubbliche, precarizzazione del lavoro nella pubblica amministrazione, saccheggio del territorio e dell’ambiente, misure antimigranti. Il famoso Federalismo, votato o avallato quasi da tutti (Lega, Pdl, Idv, Pd), rafforzerà queste politiche antioperaie e antipopolari: aumenterà i soldi per industriali e cliniche nel Nord, li diminuirà per sussidi e ammortizzatori sociali nel Sud; nell’uno e nell’altro caso a vantaggio dei poteri forti e a danno di lavoratori, precari, disoccupati.

Purtroppo tutte le sinistre (PRC, PDCI, SEL), invece di porsi come polo alternativo ai due schieramenti in difesa dei lavoratori, sono parte integrante delle coalizioni di centrosinistra. In cambio di assessori, o con la speranza di ottenerne. Giungendo oggi, in molti casi, ad allearsi persino con la UDC. In ogni caso subordinandosi a programmi e interessi della classe dominante contro il proprio popolo. E’ il riflesso locale di una politica nazionale che negli anni passati ha visto le sinistre votare “guerre e sacrifici” in cambio di ministri. Col risultato di colpire i lavoratori e di spianare la strada ogni volta al ritorno di Berlusconi. Ogni volta rafforzato, non a caso, dai disastri del centrosinistra.

Berlusconi e i suoi governatori vanno certo cacciati, con tutta la loro corte di faccendieri e rampanti. Ma vanno cacciati nella prospettiva di un’alternativa vera, che ponga i lavoratori al posto di comando. Non a favore di coalizioni di governo confindustriali, nazionali e locali, che ogni volta finiscono col riportarlo in sella. E’ ora di finirla con l’alternanza tra la padella e la brace o viceversa. E’ ora di contrapporsi alle classi dirigenti del paese nella prospettiva di un governo dei lavoratori, quale unica vera alternativa. Questo è il programma del Partito Comunista dei Lavoratori. E’ la proposta che avanziamo a tutte le sinistre italiane.

Questa proposta e il nostro partito sono stati esclusi dal voto nella larga maggioranza delle Regioni per opera di una legge elettorale assurda e discriminatoria. Una legge elettorale che impone un numero di firme talmente enorme per la presentazione delle liste da costringere gli stessi partiti che l’hanno voluta a raggiri di ogni tipo, sia nel centrodestra che nel centrosinistra. Con la differenza che i partiti dominanti possono aggirare la propria legge. Un partito operaio indipendente come il nostro no.

Ma non ci faranno indietreggiare di un metro. Le classi dominanti non hanno niente da offrire alla maggioranza della società. Il pendolo tra centrosinistra e centrodestra su cui hanno costruito per 20 anni le proprie fortune ha usurato la propria credibilità, agli occhi di milioni di lavoratori disillusi. La cosiddetta seconda Repubblica affoga negli scandali di corte, nella corruzione dilagante e bipartisan, nella guerra tra poteri e consorterie.

La risposta a tutto questo non sta nel populismo di Di Pietro, già ministro di ripetuti governi confindustriali e oggi unicamente a caccia di voti e assessorati. Sta nella ribellione sociale. Nella prospettiva del rovesciamento della dittatura degli industriali, dei banchieri, dei loro partiti. Nella costruzione di un ordine nuovo in cui siano i lavoratori a comandare. Nella costruzione del partito che si basa su questo programma di liberazione: il Partito Comunista dei Lavoratori. Possono escludere il nostro partito dal voto. Non possono escluderlo dalle lotte di emancipazione e liberazione di tutti gli sfruttati.

NESSUN VOTO ALLE COALIZIONI DI CENTRODESTRA E DI CENTROSINISTRA.
VIA LA SECONDA REPUBBLICA DELLE TANGENTI, DELL’ARBITRIO, DELLA TRUFFA.
PER UN GOVERNO DEI LAVORATORI, QUALE UNICA ALTERNATIVA
COSTRUIAMO IL PCL: LA SINISTRA CHE NON TRADISCE

giovedì 18 febbraio 2010

Il controllo operaio sulla produzione

Scritto da Lev Trotsky
La questione dell'Omsa rende estremamente attuale la questione del controllo operaio.
Contro opportunisti, "cooperativisti" e settari di ogni in genere, che criticano la parola d’ordine del controllo operaio riportiamo questo artciolo di lev trotsky.
In un contesto attraversato da una profonda crisi economica e sociale, la difesa della parola d'ordine del "controllo operaio", calata nella realtà, significa, la difesa intransigente dei posti di lavoro e l'embrione del contro-potere. (red.)


In risposta alla vostra domanda intendo abbozzare qui uno scambio di idee preliminare, alcune considerazioni generali sul controllo operaio sulla produzione.
La prima domanda che si pone è la seguente: si può prospettare il regime di controllo operaio sulla produzione come un regime stabile, ovviamente non eterno, ma abbastanza lungo?

Per rispondere a questa domanda dobbiamo definire la natura di classe di un simile regime. I lavoratori hanno il controllo. Ciò significa che la proprietà e il diritto di comando restano nelle mani dei capitalisti. Così questo regime ha un aspetto contraddittorio, essendo caratterizzato a suo modo come un interregno economico.

Il controllo è necessario agli operai non per scopi platonici, ma per influire praticamente sulla produzione e sulle operazioni commerciali delle aziende. Non si può giungere a questo se il controllo non si trasforma in un modo o nell’altro, in questa o quella misura, in una gestione diretta. Così, nella sua forma più ampia, il controllo implica una specie di dualità di poteri nella fabbrica, nelle banche, nelle imprese commerciali.

Per essere duratura, stabile, “normale”, la partecipazione degli operai alla direzione della produzione dovrebbe essere basata sulla collaborazione e non sulla lotta di classe. Ma una simile collaborazione di classe è possibile solo tra i vertici dei sindacati e le associazioni padronali. Le esperienze del genere sono state numerose: in Germania (la democrazia economica), in Inghilterra (il mondismo), ecc.

Ma in tutti questi casi non si è trattato di un controllo operaio sul capitale, ma di una subordinazione della burocrazia operaia al capitale. Una tale subordinazione, come mostra l’esperienza, può durare anche a lungo: dipende dalla pazienza del proletariato.

Ma più si è vicini alla produzione, alla fabbrica, all’officina, meno è possibile un simile regime, perché si tratta in questo caso degli interessi immediati e vitali dei lavoratori e tutto il processo si svolge sotto gli stessi occhi degli operai.

Il controllo esercitato dai consigli di fabbrica è concepibile solo sulla base di un’acuta lotta di classe e non sulla base della collaborazione.

Ma questo significa che esiste un dualismo di potere nelle imprese, nei trust, in tutti i settori della produzione, in tutta l’economia.

Qual è il regime statale corrispondente al controllo operaio sulla produzione? È chiaro che il potere non è ancora in mano ai lavoratori, perché in questo caso avremmo non il controllo operaio sulla produzione, ma il controllo dello Stato operaio sulla produzione come primo passo verso un regime di produzione statizzata sulla base della nazionalizzazione. Parliamo qui solo del controllo operaio in regime capitalista e sotto il potere della borghesia.

Ora, una borghesia che si regga saldamente, non consentirà mai un dualismo di poteri nelle aziende. Il controllo operaio è dunque realizzabile solo a condizione di un brutale mutamento dei rapporti di forza a svantaggio della borghesia e del suo Stato.

Il controllo può essere imposto alla borghesia solo con la forza, da un proletariato che sia sulla via di strapparle il potere e con ciò stesso la proprietà dei mezzi di produzione. Così il regime di controllo operaio è provvisorio, transitorio per sua stessa natura e può corrispondere solo al periodo di crisi dello Stato borghese, di offensiva del proletariato, di ritirata della borghesia: cioè al periodo della rivoluzione proletaria intesa nel significato più esteso del termine.

Se il borghese non è più il padrone, cioè non comanda più completamente nella sua fabbrica, ne consegue che non comanda più completamente neppure nel suo Stato. Ciò significa che a un regime di dualismo di poteri nelle fabbriche corrisponde un regime di dualismo di poteri nello Stato.

Non si deve tuttavia interpretare questo rapporto meccanicamente, come se la dualità di poteri nella fabbrica e nello Stato sorgesse lo stesso giorno. Il regime di dualismo di potere nella sua forma avanzata, come una delle fasi altamente probabili della rivoluzione proletaria nei vari paesi, può svilupparsi nei vari paesi in modo diverso, con elementi molteplici e differenziati(…)

Sotto l’influenza della crisi, della disoccupazione e degli accordi di rapina dei capitalisti, la classe operaia, nella sua maggioranza, può trovarsi pronta a combattere per l’eliminazione dei segreti commerciali e per il controllo delle banche, del commercio e della produzione prima di convincersi della necessità della conquista rivoluzionaria del potere.

Impegnato sulla via del controllo sulla produzione, il proletariato sarà spinto inevitabilmente alla conquista del potere e dei mezzi di produzione. I problemi del credito, delle materie prime, del mercato, porteranno senza indugio la questione del controllo aldilà dei limiti delle aziende isolate(…) Le contraddizioni del regime, inconciliabili per loro stessa natura con il controllo operaio, si acuiranno inevitabilmente con l’allargarsi della base e dei compiti di questo controllo e diverranno insopportabili a breve termine. La via d’uscita da questa contraddizione può essere trovata o nella conquista del potere da parte del proletariato (Russia) o in una controrivoluzione fascista che stabilisca un’aperta dittatura del capitale (Italia)(…)

Bisogna cominciare dal basso, nella fabbrica, nell’officina. Bisogna verificare e sperimentare i problemi del controllo operaio sulla base dell’esempio di qualche impresa industriale, bancaria o commerciale tipica. Bisogna prendere come punto di partenza casi particolarmente probanti di speculazione, di serrata mascherata, di diminuzione fraudolenta dei profitti allo scopo di diminuire i salari, o di aumento fraudolento dei costi di produzione allo stesso scopo.(…) Bisogna cominciare ponendo il problema sul piano puramente tecnico, sulla base degli esempi particolari più probanti, e sviluppare una tenace propaganda per misurare in tal modo la capacità di resistenza del conservatorismo socialdemocratico: È questo uno dei modi migliori per giudicare quanto è “maturata” la situazione rivoluzionaria(…).

La politica dell’Opposizione di Sinistra in questa questione deriva abbastanza chiaramente, almeno nelle sue linee fondamentali, da quanto è stato detto sopra: Si tratta, per cominciare, di una propaganda per una giusta comprensione di principio del problema e allo stesso tempo di uno studio delle condizioni concrete di lotta per il controllo operaio.

L’Opposizione, su scala limitata e nei limiti modesti corrispondenti alle sue forze, deve cominciare questo lavoro di preparazione che è stato delineato, come uno dei compiti immediati del partito. In connessione con questi compiti, l’Opposizione deve ricercare dei legami con i comunisti che militano nei consigli di fabbrica e nei sindacati, spiegare loro la valutazione della situazione generale e apprendere da loro come applicare la nostra giusta valutazione dello sviluppo della rivoluzione alle condizioni concrete della fabbrica e dell’officina.

* Estratto di una lettera scritta a un gruppo dell’Opposizione di sinistra tedesca il 20 agosto 1931

giovedì 28 gennaio 2010

LENIN - IL CRETINISMO PARLAMENTARE

Soltanto dei mascalzoni o dei semplicioni possono credere che il proletariato debba prima conquistare la maggioranza alle elezioni effettuate SOTTO IL GIOGO DELLA BORGHESIA, sotto IL GIOGO DELLA SCHIAVITU' SALARIATA, e poi conquistare il potere. E' il colmo della stupidità o dell'ipocrisia; ciò vuol dire sostituire alla lotta di classe e alla rivoluzione le elezioni fatte sotto il vecchio regime, sotto il vecchio potere.

Il proletariato conduce la sua lotta di classe senza aspettare le elezioni per incominciare uno sciopero, benché per il completo successo dello sciopero occorra la simpatia della maggioranza dei lavoratori (e di conseguenza anche della maggioranza della popolazione). Il proletariato conduce la sua lotta di classe abbattendo la borghesia, senza aspettare nessuna votazione preliminare (organizzata dalla borghesia e che si svolga sotto la sua oppressione), e nel farlo sa benissimo che per il successo della sua rivoluzione, per l'abbattimento della borghesia E' ASSOLUTAMENTE NECESSARIA la simpatia della maggioranza dei lavoratori (e di conseguenza della maggioranza della popolazione).

I cretini parlamentari e i moderni Louis Blanc "esigono" assolutamente delle elezioni, e assolutamente organizzate dalla borghesia, per determinare la simpatia della maggioranza dei lavoratori. Ma questo è; un punto di vista di pedanti, di cadaveri o di abili ingannatori.

La realtà viva, la storia delle vere rivoluzioni mostrano che assai spesso "la simpatia della maggioranza dei lavoratori" non può essere dimostrata da nessuna votazione (per non parlare delle elezioni organizzate dagli sfruttatori, con l'"eguaglianza" tra sfruttatore e sfruttato!). Assai spesso "la simpatia della maggioranza dei lavoratori"è dimostrata NON da votazioni, ma dallo sviluppo di un partito, o dall'aumento del numero dei suoi membri nei soviet, o dal successo di uno sciopero che, per un qualche motivo, abbia acquistato grandissima importanza, o dal successo della guerra civile, ecc. ecc. (...)

La rivoluzione proletaria è impossibile senza la simpatia e l'appoggio dell'immensa maggioranza dei lavoratori per la loro avanguardia, il proletariato. Ma questa simpatia, questo appoggio non si ottengono di colpo, non sono le elezioni a deciderli, ma SI CONQUISTANO con una lunga, difficile, dura lotta di classe. La lotta di classe del proletariato PER la simpatia, PER l'appoggio della maggioranza dei lavoratori non si esaurisce con la conquista del potere politico da parte del proletariato. DOPO la conquista del potere questa lotta CONTINUA, ma in ALTRE forme.
[Lenin, Saluto ai comunisti italiani, francesi e tedeschi, 10 ottobre 1919 - Opere complete, vol. 30, pp. 46-47]

La presentazione elettorale del Partito Comunista dei Lavoratori, risponde a questi dettami. Per noi, la presentazione alle elezioni, ha il solo scopo d'agitazione rivoluzionaria, di denunciare le manovre dell'avversario e di ragruppare intorno al nostro programma le masse sfruttate.
Anche attraverso questo terreno (per noi secondario) d'intervento politico rilanciamo con forza la parola d'ordine che il nostro coordinamento internazionale ha lanciato con decisione:
I capitalisti devono pagare la crisi.
I proletari devono prendere il potere!